Soudal Quick-Step, Mattia Cattaneo parla dei disordini alimentari nel mondo del ciclismo: “Ho buttato via la prima parte della mia carriera perché volevo essere il più magro possibile”
Nel mondo del ciclismo, così come in generale in quello dello sport, l’alimentazione e la cura del fisico sono due aspetti cruciali per ogni atleta. Lo stesso discorso, elevato all’ennesima potenza, vale anche per i professionisti, persone che dedicano la loro vita per cercare di ottenere il meglio dal loro corpo e che devono, di conseguenza, cercare ogni singolo secondo, centimetro o punto di miglioramento nelle loro performance anche attraverso la cura dell’alimentazione e, in generale, del fisico.
Lo sa molto bene anche Mattia Cattaneo (Soudal Quick-Step) che, in un’intervista sul portale spagnolo Relevo, ha voluto raccontare la sua esperienza con i disordini alimentari che, specialmente nei primi anni della sua carriera, ne hanno condizionato il rendimento: “Sono molto felice di parlare di questo argomento. – spiega il nativo di Alzano Lombardo – Io non sono il tipo da nascondermi o da inventare scuse. So perfettamente quale è il motivo per cui ho buttato via la prima parte della mia carriera da professionista. Mangiavo male perché volevo essere il più magro possibile. Ho fatto degli errori, e li hanno fatti anche i miei allenatori che mi avrebbero dovuto guidare nella giusta direzione”.
“Quando ho iniziato a correre da professionista non avevo forza, era difficile per me rimanere in gruppo anche in pianura. – continua l’azzurro che era passato professionista con la Lampre nel 2012, quando pesava solamente 59 chili – Negli anni successivi ho preso peso e sono arrivato a pesare 75 chili, oggi mi presento al via dei grandi giri pesando 68 chili e se alla fine della corsa arrivo a 65, come mi è successo in passato, mi sento arrivato al limite”.
Un’esperienza simile è quella raccontata anche da Jakob Fuglsang (Israel – Premier Tech) che già qualche anno fa aveva raccontato dei suoi problemi con l’alimentazione nei primi anni della sua carriera e che condivide con Cattaneo l’idea che l’introduzione nel mondo del ciclismo di una maggiore attenzione all’alimentazione sia una delle principali cause dell’esplosione di sempre più giovani talenti.
“Oggi ci sono quattro o cinque nutrizionisti per ogni squadra World Tour che ci controllano e che non lasciano che i nostri complessi ci condizionino – continua il classe 1990 – Il problema oggi è nelle categorie inferiori. Quando avevo 20 anni ho sprecato quattro o cinque stagioni. Se la stessa cosa mi fosse accaduta quando ne avevo 15 magari avrebbe potuto condizionare la mia crescita e il mio sviluppo come persona nel lungo periodo. Questo secondo me è il più grande rischio del ‘professionalizzare’ le categorie inferiori. I ragazzi non sono sempre pronti a fare sacrifici e non sono seguiti da persone in grado di guidarli. Può succedere a loro quello che è successo a me. Io vedevo i professionisti che avevano 30 anni, li ammiravo perché erano magri ed ero convinto che dovessi essere magro per essere come loro, e poi mi sono accorto di non avere forze”.
Per Il 33enne la svolta è arrivata grazie a Gianni Savio e alla Androni, che gli hanno poi permesso di riprendere al meglio la carriera e di approdare poi alla Soudal Quick-Step, dove ormai corre da cinque stagioni: “Gianni e la Androni mi hanno salvato – conclude il recente vincitore del bronzo a cronometro agli Europei di Limburg – Hanno creduto in me e mi hanno aiutato a trovare il mio equilibrio. Sono alla Soudal Quick-Step grazie a loro. A tutti i miei colleghi dico la stessa cosa, l’importante è avere dei buoni consigli e trovare l’equilibrio, vorrei che fosse possibile per tutti”.
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